Chiesetta di San Massimo – Borghetto (Villa del Conte – PD)

Le origini

In un lembo di terra che sta a confine fra i comuni di Villa del Conte, S. Martino di Lupari e S. Giustina in Colle, la chiesetta di S. Massimo si presenta agli occhi di chi si trova a passare per caso o intenzionalmente come un piccolo  e prezioso gioiello, situata in un ambiente sereno e rilassante, ombreggiata da alberi, lambita dallo scorrere lento e sinuoso del fiume Vandura e  lontana da strade trafficate.

Chi decidesse di entrarvi si troverà pervaso da quel rispetto del luogo e dalla spiritualità di cui essa è espressione. L’ambiente predispone il visitatore ad un atteggiamento di interesse e di apertura d’animo verso i reperti e le opere d’arte che fanno parte del passato e che nemmeno le alterne vicende spesso poco felici che  ha vissuto sono riuscite a cancellare.

La chiesetta di S. Massimo, come del resto la maggior parte della storia del nostro territorio, appare per la prima volta nei documenti del 1085. Infatti l'Oratorio rientra nella donazione del 29 aprile 1085, compiuta dalle due famiglie feudali degli Ezzelini e dei Da Camposampiero nei confronti dell'abbazia di S. Pietro e Santa Eufemia di Villa Nova (attuale Abbazia Pisani).

Scavi condotti nella prima metà e negli ultimi anni del XX secolo, ci riportano indietro al primo millennio.

Una delle ipotesi più interessanti sulle origini dell'Oratorio è fornita dalla sua posizione, ovvero Dextra Decumano n. X, in un crocevia di strade romane, dove solitamente si ergevano edicole pagane; alcuni ipotizzano che possa essere stato edificato sulle vestigia  di un'edicola romana.

A sostenere questa tesi vi è il fatto che è  costruito in un colmello rispetto alla zona acquitrinosa circostante esistente fino al XX secolo, portando alla conclusione di continuità con un sacello precedente che poteva rappresentare  un punto di riferimento  anche per un insediamento umano, così organizzato da avere anche un luogo di culto di riferimento.

Ed ancora a sostegno dell'ipotesi, vi è tutto il materiale di epoca romana rinvenuto nel sito e nel circondario del luogo sacro. Nel 1973, il consorzio che aveva in carico la manutenzione della Vandurella, a nord di S. Massimo, eseguendo degli scavi andò a cozzare contro dei resti di un ponte antico. Recuperando il materiale, emerse un mattone romano. Ancora nell'intervento manutentivo del Vandura emersero dei pali in rovere, resti di un antico molino assieme a numeroso materiale romano.

Le invasioni barbariche segnarono la fine dell'impero romano. Le strade romane che attraversavano il nostro territorio, soprattutto la vicina Postumia e l'Aurelia, divennero le vie attraverso le quali gli eserciti barbarici si spostavano facendo terra bruciata la "Venetia".

Con l'arrivo dei longobardi e con la loro conquista di Padova nell'anno 602, anche Borghetto passò sotto la giurisdizione del vescovo di Treviso e sotto la dominazione longobarda.

La presenza dei barbari longobardi si riscontra  a Borghetto anche grazie al ritrovamento di due reperti recuperati e ora conservati all'interno della chiesa di S. Massimo, l'Orante e l'Agnello crucigero, entrambi datati dagli esperti al VIII secolo.

Non si può affermare che in quel periodo l'attuale chiesa di S. Massimo esistesse ma certo è che sulle fondamenta dell'attuale sacello esisteva una chiesa dalle dimensioni ridotte che si stagliava nelle zone delle risorgive.

Nel 926, il Vescovo di Treviso ricevette in dono dal re Ugo, una vasta area del nostro territorio che comprendeva oltre a Borghetto e la sua chiesetta, Campretto e la Pieve di San Martino di Lupari. Il Vescovo si ritrovò proprietario di diversi molini, pescherie e vasti campi coltivati. Sessant'anni dopo, nel 1085, la chiesetta di S. Massimo viene di nuovo elargita e questa volta protagoniste sono le due famiglie degli Ezzelini e dei Da Camposampiero.

L'atto di donazione con il quale, i rampolli delle due famiglie cercavano di "salvarsi l'anima", portò all'abbazia di S. Pietro e S. Eufemia di Villanova un patrimonio di circa 3.000 campi, oltre a 172 aziende agricole e masserie.

La chiesetta di S. Massimo con questa donazione entra nella storia documentaria e diventa il fulcro per la religiosità. Attorno ad essa gravitano i fedeli che rientrano in ben tre diocesi diverse. Padova per gli abitanti nella pieve di S. Giustina in Colle, Treviso per gli abitanti di S. Martino di Lupari e infine Vicenza per quanti vivevano nel territorio di Villa del Conte.

Nel 1444, l'abbazia cade in commenda e per la  chiesa di  S. Massimo iniziano le alterne vicende che la porteranno ad un progressivo disuso e decadimento.

A fine Settecento, fu messo per iscritto che l'Oratorio di S. Massimo constava ormai di quattro muri in piedi senza alcuna funzione religiosa.

Tuttavia i Borghettani continuavano a festeggiare il 29 maggio il loro S. Massimo di Cittanova d'Istria, anche se nessuno celebrava alcuna messa di domenica nell'Oratorio.

Passando per diversi passaggi di proprietà si arriva al 1821 quando l'oratorio venne venduto al sindaco di Camposampiero. Alla sua morte fu ereditato dalla figlia e, successivamente, al figlio di quest'ultima il quale, non volendo farsi carico delle spese che comportava, lo accettò con beneficio d'inventario lasciandolo andare in disuso tanto che si fece largo la credenza che fosse proprietà del demanio.

Nessuno ne rivendicava più la proprietà!

San Massimo oggi

Museo e ristoro per i viandanti

Il ritorno "in patria" dell'Oratorio vagante si ebbe solo nel 1928, quando S. Massimo fu annesso alla curazia di Borghetto. Alla celebrazione festiva accorrevano numerosi fedeli tanto che, essendo diventata insufficiente la capienza, si decise di costruire una tettoia adiacente alla facciata. Fu nel 1936 che la chiesetta corse un grosso rischio. Era ancora insufficiente come capienza e sempre più decadente perciò si ipotizzò la costruzione di  una nuova chiesa al suo posto. Fu uno scontro duro fra chi voleva il suo abbattimento e chi voleva conservarla costruendo su altro terreno la nuova chiesa.

Fortunatamente prevalsero i secondi e si arrivò così, dopo altri decenni di abbandono, al 1998 quando nasce il Comitato di Tutela dell'Oratorio di S. Massimo con l'intento di salvare, rivalorizzare e portare allo splendore il sacello. In quasi trent'anni da quella data, la chiesa è stata riconsegnata alla comunità in una veste completamente rinnovata.

Praticamente tutto è stato restaurato: le tele, il cinquecentesco affresco dell'abside, gli arredi, i reperti antichi. I tanti anni di restauro, hanno portato alla luce importanti brani di affresco fino a poco tempo fa rimasti nascosti ed evidenziato le continue trasformazioni subite dalla chiesa, tanto che oggi essa appare come la fusione di epoche e stili diversi.

Oggi S. Massimo è una chiesa-museo, utilizzata anche per eventi culturali e musicali, rappresentazioni e celebrazioni di matrimoni civili e che conserva importanti opere d'arte e reperti storici che permettono al visitatore di viaggiare nella storia, nell'arte e contemporaneamente nella fede e nella speranza.

È un gioiello millenario,  le cui porte sono sempre aperte grazie alla disponibilità costante dei volontari del Comitato che finalmente raccolgono i frutti del loro lavoro fatto di passione, tenacia, abnegazione oltre all'ottimismo che, come ricorda il Presidente Franco Zoccarato, non è mai mancato anche nei momenti di sfida.

Da qualche tempo, con stupore ma anche soddisfazione, i volontari vedono più volte transitare e fermarsi a  S. Massimo, dei pellegrini che, provenienti da Germania e Austria, ripercorrono l'antica via dei fedeli che, scendendo da nord, sceglievano questo percorso per portarsi in direzione di Venezia  e proseguire verso la Terra Santa oppure dirigersi verso Padova o la Romea per seguire i percorsi che portavano a Roma o a Santiago di Compostela.

Una fantastica scoperta che apre a nuove conoscenze e ulteriori approfondimento su quello che è stato S. Massimo e tutto il nostro territorio, nel corso dei secoli passati.

È perciò che dobbiamo essere grati ai componenti del Comitato  che con il loro operato ci trasmettono questo messaggio:

"solo se si ha cura di qualcosa che si ama, ve ne si sente parte e la si vuole condividere, migliorare e tramandare ai posteri"

Bibliografia: Borghetto: la storia, il restauro e il museo della chiesa di S. Massimo.

Autore: Dott. Claudio Miotto

Itinerari Collegati

Arrivare o partire, via fiume, a piedi, in bici